Lettera al terremoto per spiegare l’Emilia Romagna


Gentile Sig. Terremoto,
c’è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto.

Per chiamarci non basta una parola sola: Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle.

Perché siamo tante cose, tutte insieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti ghiaccia il respiro, e una estate tropicale che ti scioglie la testa, e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo.

Città d’arte e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che lavora a Bologna, dorme a Modena, e va a ballare a Rimini come diceva Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che si chiama Emilia Romagna.

Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa da ma qualcosa prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha decido di rimanerci tutta la vita… in questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose.

Perché ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate con il righello.
E si fa per avere certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo.

In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno dei torellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in emilia romagna; ecco la gente lo studia quello che mangia, perché ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non resta lassù per aria, poi la si mangia. se in tutti i posti del mondo i cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa in cucina, perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose li, e quello che resta da fare va bene, diventa un altro sogno.

A volte ci riusciamo a volte no, perché tante cose spesso vogliono dire tante contraddizioni.

Che spesso non si fondono per niente, al contrario non ci stanno proprio, però convivono sempre.

Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perché questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta.

Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa terra l’amo e come mi ha detto una persona di Mirandola poche ore fa… questa è la mia casa e io non l’abbandonerò mai.

(Marco Barbieri)

Non è proprio tutto vero; la paura l’abbiamo…e anche tanta; è che piuttosto che dimostrarla tutta ci faremmo scannare.

D’altronde, come dice Guccini, “brutta razza l’emiliano” e proprio per questo così tanto intrigante.

4 pensieri su “Lettera al terremoto per spiegare l’Emilia Romagna

  1. Un grazie a Marco Barbieri, per il bellissimo ritratto di questa Emilia a cui non si può guardare che con simpatia : gente viva, che viene dal lavoro della terra, che sa quindi cosa sia anche il sacrificio….Ma che non “vive per lavorare” e dà sapore alla propria quotidianità, con lo scherzo, con la chiacchiera… e ridendo di cuore ! Gente dal senso pratico, gente che interviene, che si rimbocca le maniche, che fa per sè, ma sa guardare agli altri : uno spiccato senso del “vivere comune”,tanto raro nel nostro Paese!.. delle sue necessità . anche della sua bellezza ..Il piacere di “stare insieme”, la gioia di condividere! La vita ha i suoi doveri, ma a sera..anche leggerezza di un ballo ……E ricordo, a Lugo di Romagna, uno dei giorni più lievi e spensierati della mia vita : una festa “sull’aia”, sotto la luna…ballavamo tutti, bambini , nonni, noi, era bello .e forse poche volte mi sono sentita così compiutamente felice : mentre partecipavo e guardavo.. la vita scorrere e saltare insieme a noi, nelle sue varie tappe e nella sua verità , infanzia, maturità ,vecchiaia…in un unico volo …! Bella gente, gli Emiliani, gente viva ! Che attraverso le sue semplici e composte dichiarazioni ,pur nello sconforto, ribadisce a se stessa e al mondo le proprie peculiarità, la forza di carattere,la dignità, la voglia e la gioia di vivere : una lezione giornaliera di grande civiltà : bella gente, gli Emiliani, bella e cara gente da aiutare, ma da cui, anche, imparare…Con Amore Liliana

    1. Anche a me piace questa descrizione di Barbieri.
      Non siamo, poi, meglio degli alri, ma il senso dello stare insieme lo abbiamo sempre avuto.
      Ciao e grazie

  2. Conosco abbastanza,la tenacia la costanza ma soprattutto la solidarietà dell’Emilia Romagna,mi sento di dire che non lascerete niente al caso.Con gli aiuti che già stanno arrivanno e con vostra forza la ricostruzione non durerà a lungo e tornerete ad essere quelle persone di una simpatia più unica che rara.
    Guccini ha detto che siete una brutta razza,invece a noi Dante ci defini Botoli Ringhiosi,come vedi ad ognuno il suo.Ma la paura fa parte del genere umano,guai non avere paura,vuol dire che non abbiamo nè anima nè cuore.
    Ciao Silvana ti sono vicina.

    1. A me piace molto la definizione di Guccini.
      Spero che non ci siano aiuti a pioggia che costano un sacco allo stato (quindi a noi tutti) e non servono a nessuno; devono essere puntuali e mirati.
      Grazie e ciao

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